Di sicuro la cavalla Astra e la cagnolina Diana gli danno più retta, e anche più soddisfazione dei calciatori della nazionale. Luciano Spalletti vive da fuori, dopo l’esonero, il disperato tentativo degli azzurri di qualificarsi ai Mondiali, ora affidato a Rino Gattuso.
… E conoscendolo ci soffre, perché l’animo è quello irrequieto del competitivo. Però se c’è un posto dove il bruciore delle ferite può essere lenito dalla pomata della tranquillità, questo è il buen retiro dell’ex ct: si chiama La Rimessa, è una grande tenuta sulle colline fiorentine, a Montaione, la terra di Spalletti in tutti i sensi, quello del prato, delle radici e dell’anima.


C’è il calcio, certo: palloni da calcio appesi agli ulivi, centinaia di magliette raccolte nella ’tana’, i ritagli dei giornali che parlano dello Spalletti discreto giocatore e ottimo allenatore. Ma ci sono laghi e vigneti, che producono rossi e rosati ai quali sono stati dati nomi da gergo calcistico (Bordocampo, Tra le linee, Rosso diretto…). Ci sono animali assortiti, struzzi e alpaca, oche e manze scozzesi di razza highlander, pavoni e caprette tibetane. Un asino di razza amiatina e soprattutto c’è lei, Astra, una bellissima cavalla che quel giorno, quando il ct ci aprì le porte del suo luogo fatato, non ne voleva sapere di sfilare davanti ai giornalisti e se ne stava nel suo grande spazio aperto, sotto un cielo che rovesciava acqua a secchiate.

Lui, Spalletti, all’acqua e al sole presi in faccia facendo in prima persona tutti i lavori che servono per assecondare i ritmi della natura, era quasi indifferente mentre si avvicinava ad Astra con un ciuffo d’erba in mano. Perché la simbiosi con la sua terra e i suoi animali è qualcosa che l’ex ct vive in modo viscerale. Fino all’istinto selvatico. Che purtroppo non è bastato.
«Vivendo in un contesto così sviluppi sensibilità particolari che magari ti servono anche con i giocatori. E poi c’è la legge del bosco, dove chi chiacchiera troppo muore perché un animale più grosso lo sente e lo mangia. Devi stare zitto e saper usare le orecchie e il naso, un po’ quello che in campo devono fare certi difensori per prevedere i movimenti degli avversari. L’altra cosa che ti insegna è che per sopraffare l’avversario, qualsiasi animale mette il massimo della forza».
Ora Spalletti è un leone in gabbia, per restare nella metafora…zoologica. Ma ha due amici a dargli quello che serve: la cagnolina Diana che obbedisce subito a qualsiasi richiamo (anche se l’istinto della cacciatrice ogni tanto la fa arrivare con un piccione in bocca), e la gigantesca Astra, con la quale il dialogo avviene a gesti muti e sguardi che dicono tutto. In un modo profondo che racconta molto della vera natura dell’ex ct.